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Eravi una volta a Firenze un Cavaliere, da me conosciuto, che era molto piccolo di statura e portava la barba assai lunga. Un pazzo lo prese a schernire per la statura e per la barba quante volte lo incontrava per la via, e con tanta importunità da riuscire molesto.
Venuto ciò all’orecchio della moglie del Cavaliere, questa chiamò a sé il matto, lo rimpinzò di buon cibo, gli diede un vestito e lo pregò di non burlarsi più del marito; e quegli lo promise, e avendolo qualche volta incontrato, passava senza nulla dire.
Quelli che erano presenti, meravigliati, lo incitavano a parlare, e gli chiedevano perché non dicesse quello che prima diceva.
Allora il matto, postosi un dito sulla bocca:
«Egli», disse, «ha chiuso la mia bocca in modo che non potrò più parlarne».
È di fatti un ottimo mezzo, il cibo, per conciliarsi la benevolenza.