Di seguito un racconto ripreso da una cronaca coeva.
El signor Sismondo Malatesta fo molto favorevole e benigno a’ litterati; fra gli altri tene apresso di sé in
grandissimo onore un nostro compagno chiamato Basinio da Parma per le littere soe e fecelo ricco donandogli possessione e case e degnamente maritandolo.
La qual cossa vedendo uno de gli suoi soldati, mosso da invidia usò al signor tal parole:
Per certo, signor, non so che si voglia dir questo: che io abia durate tante fatiche per vui e messomi tante volte a pericolo di morte per vostro onor e apena ho da vui ch’io possa vivere; e costui che chiamati poeta, che se ne sta tuto il dì e notte in camera col pelizone, e non vide mai cortello né campo, aveti sì mirabilmente exaltato.
Sismondo saviamente rispose:
Fratel mio, s’el si trovasse tanti de gli suo pari quanti si truova de gli tuoi, ti prometto che a lui non daria niente e tu saresti apresso di me avantagiato da lui.
Ma non vedi tu che omini son questi?
Non cognosci tu quanto nui siamo obligati a questi notabil inzegni?
Che valeria le nostre prodezze, gli nostri gran fatti, se non fosse chi ne servasse memoria?
Per costoro sapemo noi di Alexandro, di Cesaro, di Pompeio, di Achille e de gli altri semidei: a loro sta che li signori siano magnificati o in eterno vituperati.