Tempo di lettura: 3 minutiIl Guarnello nel guardaroba del quattrocento italiano – Eugenio Larosa Nel mondo della ricostruzione storica del quattrocento italiano, il termine “guarnello” viene associato a una tipologia di capo d’abbigliamento femminile. Tuttavia è interessante notare che in realtà questo termine indicava un tessuto impiegato per la realizzazione di questo capo. Questo tessuto veniva utilizzato per una varietà di capi, sia femminili che maschili, tra cui mantelli, sopravvesti da lavoro e altro ancora. Nelle aree di maggiore produzione, prevalentemente nei centri rurali del centro Italia, questo tessuto veniva lavorato da una specifica corporazione nota come “Arte dei Guarnellari”, che raggruppava i tessitori specializzati nella produzione di questo tessuto. Proprio grazie ai libri dei conti di questi artigiani scopriamo che i materiali utilizzati per la tessitura di questo tessuto erano l’ “accia”, un tipo di filato realizzato da canapa o lino, e la “bambagia”, un cotone di qualità inferiore. La sua resistenza all’usura e il costo accessibile resero questo tessuto ampiamente diffuso persino tra le classi sociali meno abbienti. Grazie a questa facilità di reperimento, il “guarnello”, inteso come indumento femminile, divenne una scelta comune sia tra le classi sociali più agiate che tra quelle meno fortunate, con l’unica distinzione nell’uso specifico che se ne faceva. Nelle classi sociali medio-alte, il “guarnello” fungeva principalmente da indumento per la quotidianità limitato all’uso in ambiente domestico come “abito comodo”. Spesso veniva indossato sopra il camicione o, in alcuni casi, come sopra-veste sulla gamurra, al fine di preservarla dall’usura o dalla sporcizia. Nelle classi sociali più umili, il “guarnello” era l’abito di uso comune, indossato anche al di fuori di casa e frequentemente impiegato come abito da lavoro. Nel processo di confezione, il “guarnello” riprende gli stessi tagli e le forme della gamurra, sostituendone efficacemente la funzione e quindi imitandone le forme e i volumi. Può essere realizzato con o senza maniche, a seconda delle preferenze personali e dell’uso specifico. Alcuni documenti storici (ad esempio, dall’Archivio Datini) menzionano l’utilizzo di panno di lino per la fodera dei guarnelli, probabilmente un metodo per conferire rigidità alla parte del busto. Da questa descrizione potremmo per cui delineare l’uso del “guarnello” in ambito rievocativo, limitandone l’utilizzo a certe classi sociali e in specifiche situazioni. Ad esempio personaggi nobili o ricchi, anche in ambienti domestici, non avrebbero avuto la necessità di indossare il “guarnello,” poiché avrebbero avuto a disposizione la servitù. Potremmo ipotizzare il suo utilizzo principalmente nel caso di gestanti o donne in fase di parto, situazioni in cui la presenza del “guarnello” è documentata iconograficamente. In ambito cittadino, persino in una famiglia mediamente benestante, è probabile che una donna in casa lo avrebbe utilizzato il “guarnello” per preservare la sua gamurra durante le incombenze domestiche. Per i ceti inferiori, l’uso del “guarnello” sarebbe stato più comune, specialmente in contesti lavorativi. Ad esempio, una lavorante in una bottega, una contadina, una domestica in cucina o al servizio di casa avrebbero potuto indossare questo capo al posto della gamurra, anche all’aperto. Se esaminiamo attentamente l’iconografia del Quattrocento, concentrandoci su personaggi di importanza secondaria, è possibile individuare alcuni esempi di “guarnello”. Va ricordato che il guarnello rimane comunque nell’ambito dell’abito “da lavoro”. Pertanto, la gamurra rimane un abito essenziale che deve essere sempre presente nel guardaroba di qualsiasi donna dell’epoca. D’altra parte, a livello iconografico, la gamurra rispetto al guarnello rimane un capo d’abbigliamento ampiamente documentato per tutto il Quattrocento italiano. 1441 Domenico di Bartolo Pellegrinaio Santa Maria della Scala – Siena 1470 ca. Benozzo Gozzoli – L’ebbrezza di Noe – Cimitero monumentale – Pisa Ringrazio Paola Fabbri per la sua consulenza e i preziosi suggerimenti. Fonti Bibliografiche P. Fabbri, La moda italiana nel XV secolo. Abbigliamento e accessori, Bookstones, 2017. M.G.Muzzarelli, Gli inganni delle apparenze. Disciplina di vesti e ornamenti alla fine del Medioevo, Paravia/Scriptorium, 1996. E. Tosi Brandi, Il sarto tra Medioevo e prima Età moderna a Bologna e in altre città dell’Emilia Romagna, Tesi Storia Medievale, Alma Mater Studiorum Università di Bologna. J. Del Badia, Diario Fiorentino Dal 1450 al 1516 di Luca Landucci, Kessinger Publishing, 2009. L. Angeloni, Capitoli dei disciplinati della venerabile compagnia della Madonna sotto le volte dell’I.E.R. Spedale di S. Maria della Scala di Siena, 1818. S. Malatesta, Statuti delle Gabelle di Roma, 1886. G. Paolo Scharf, Fiscalità pubblica e finanza privata: il potere economico in un comune soggetto (Borgo San Sepolcro 1415-1465), 2011. O. Gobbi, I Sibillini oltre il mito. Aspetti socio-economici di una regione appenninica nei secoli XV-XVIII, Amandola, 2003. Il Guarnello nel guardaroba del quattrocento italiano – Eugenio Larosa Cerca su GOOGLE Mi piace:Mi piace Caricamento... Share This Previous ArticleArmatura Milanese a Gubbio Next ArticleIl Setaiolo nel Quattrocento: un mercante-imprenditore 08/10/2023