Farsetti contraffatti e sarti poco onesti – Autore : Eugenio Larosa
Farsetti contraffatti e sarti poco onesti non erano rari nell’Italia del 15 secolo.
Con il termine “farsetto” nel quattrocento si andava ad indicare un corpetto maschile imbottito con maniche lunghe, simile a un giubbotto, che veniva indossato sopra la camicia. Nel corso del secolo, questo indumento tende a diventare sempre più corto, mostrando le gambe inguainate in aderenti calzamaglie.
Il farsetto rappresentava un capo d’abbigliamento caratterizzato da un’imbottitura che conferiva una forma strutturata al torace e alle spalle. Originariamente era stato concepito per scopi militari, offrendo protezione e sostegno durante la battaglia. Con l’andare del tempo però la sua versatilità e il suo design attraente lo resero sempre più popolare anche nella vita di tutti i giorni. Veniva indossato da uomini di varie classi sociali, sia nell’ambito lavorativo che nelle occasioni formali.
In molte città italiane, erano presenti le corporazioni dei farsettai, artigiani specializzati nella creazione di questo particolare indumento e non erano rari i casi di farsetti contraffatti da artigiani poco onesti.
Un’interessante testimonianza di ciò ci viene fornita da una rubrica degli statuti della Corporazione dei Sarti di Reggio Emilia di quell’epoca, che mette in luce la presenza di alcune contraffazioni nella confezione di tali indumenti.
All’interno di questi statuti, una norma specificava che i sarti e gli “strazzaroli” dovevano dichiarare con onestà la qualità dell’imbottitura utilizzata nei farsetti che confezionavano e vendevano.
In particolare, si stabiliva che l’imbottitura del farsetto dovesse essere realizzata con “bambace buono et nuovo“, escludendo categoricamente l’utilizzo di “bambace vecchio et puro” o, ancora peggio, di “guarzatura pura“.
La guarzatura, infatti, rappresentava un materiale di scarsa qualità ottenuto durante la fase di cardatura del cotone, caratterizzato da fibre rotte e corte miste a impurità che si accumulavano tra i denti dello scardasso.
I sarti che venivano scoperti a vendere farsetti imbottiti con bambace vecchio o guarzatura erano tenuti a restituire i soldi al cliente e a presentare il farsetto difettoso all’arte.
Una norma simile si riscontra anche negli statuti (mariegole) quattrocenteschi della corporazione dei sarti di Venezia.
Qui si specificava che “i farsettai ne maschi ne femmine” non potevano mescolare tessuti nuovi con quelli vecchi, e si precisava anche che il cotone da imbottitura (banbacio) non poteva essere mescolato con la “garçatura” (guarzatura).
La dicitura “ne maschi ne femmine” ci mostra come la professione del sarto, come molte altre, non fosse riservata esclusivamente al genere maschile, ma di ciò parleremo in dettaglio in futuro.
Altri Link : “Farsetti contraffatti e sarti poco onesti” articolo pubblicato sul sito FAMALEONIS : https://www.famaleonis.com/farsetti-contraffatti.asp