Dalle redazioni statutarie dell’arte apprendiamo che il sarto si occupava di fare consulenze a chi si apprestava ad acquistare panni, pellicce o altri oggetti (pannum seu pilliparia vel quascumque res) e che questo servizio avrebbe dovuto svolgere in buona fede e senza frode, utilizzando le misure legali del comune e rispettando il giuramento fatto presso il corporale della società.
A Bologna (statuto del 1370) potevano acquistare i tessuti, rivendendoli ai clienti ai quali offrivano dunque un servizio completo dai materiali alla confezione degli abiti. Lo Statuto precisava infatti che fosse lecito ai sarti acquistare o tagliare o bagnare qualsiasi tessuto o tessuti come lana, seta o pignolato e similari di qualunque condizione e qualità esistano per i consueti lavori di sartoria su richiesta di una o più persone.
Sicuramente questa attività poteva andare in contrasto con i DRAPPIERI (venditori di panno) per questo con lo statuto del 1466 si inizia a disciplinare la vendita di tessuti da parte dei sarti, per evitare la concorrenza con altre arti.
Si stabiliva pertanto che i soci non potessero vendere, donare, alienare alcuna quantità di panno o ritaglio di lana o di seta o di altro drappo di qualsiasi condizione, ad alcuna persona, ad eccezione di piccoli ritagli non più grandi di mezza oncia.